Il giocatore Al Francesco: la leggenda del blackjack

È uno dei primi sette membri della Hall of Fame del Blackjack, oltre ad essere considerato, a tutti gli effetti, il “GodFather” (Padrino) di questo gioco. L’assegnazione del ruolo di pioniere nell’universo del blackjack non è un caso: è riuscito a fare del blackjack e del conteggio delle carte la sua vita, facendo proprie le regole e stravolgendole a suo favore. Una star del tavolo verde, capace di vincere più di quanto qualsiasi mortale riesca a sognare.

Al Francesco nasce nell’Indiana a Gary, dove ha affrontato la Seconda Guerra Mondiale con la spensieratezza tipica di un adolescente. A differenza dei suoi coetanei, Al non giocava a baseball ed aborriva il pallone: amava giocare e vincere, ma usando le carte. Tutto il primo periodo della sua infanzia scorre giocando a Ramino, un gioco di carte greco, che lo addentra in quella che è la vita delle carte e gli consente di sviluppare una buona esperienza di gioco. In questi primi anni riesce a guadagnare circa 5.000$ all’anno: non male per uno che pur non avendo un lavoro convenzionale riusciva comunque a portare “il pane” a casa.

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La vera rivoluzione nella sua vita avviene però nel 1963, quando raggiunta la California, si imbatte nella pubblicazione fresca di stampa di Edward O. Thorp. Il libro, già nel titolo originale, è tutto un programma: “Beat the Dealer”, ovvero “Battere il Banco”, e certamente, alla sua vista, Al Francesco non ha saputo resistervi. Secondo l’insegnamento di Thorp, il modo per battere il banco a blackjack è contare le carte ed Al Francesco può essere considerato come il miglior autodidatta della storia. La sua prima volta ad un casinò è stata però drammatica: dopo aver letto ed appreso le nozioni di base, riesce a reggere al tavolo da blackjack appena 20 minuti, quando un lancinante mal di testa lo costringe ad alzarsi, ovviamente da vincitore sul banco.

Quest’evento rende Al Francesco molto più consapevole di cosa sia realmente il conteggio delle carte, ovvero una tecnica per la quale è necessaria molta pratica ed una disciplina d’esecuzione ferrea: prima di ritornare al tavolo da gioco si esercita molto in casa, e, dalla sua seconda volta in poi, ogni casinò è letteralmente stracciato dalla bravura del “Padrino” del blackjack. Le vincite di grandi somme in diversi casinò cominciano ovviamente ad insospettire i manager e gli uomini della sicurezza di ciascun casinò “visitato dal pioniere”, al quale comincia ad essere vietato l’ingresso in praticamente tutti i casinò d’America.

Per 8 anni, Francesco è costretto a guardare i casinò solo dalla strada, non poteva entrarvi, ma soprattutto non poteva sedersi al tavolo verde del blackjack, sfoderando le sue armi. Otto anni, certamente non sprecati, perché la mente di Al Francesco continua a cercare un nuovo modo per tornare al tavolo da gioco e puntare più forte di prima, ma le piattaforme di gioco si aggiornano e si complicano con l’introduzione di un nuovo sistema a 4 mazzi: in soccorso ancora una volta, giunge quello che diverrà un best-seller del blackjack, questa volta di Lawrence Revere “Playing Blackjack as a Business” ovvero fare del gioco del blackjack un business a tutti gli effetti.

Come nasce il team

Dopo lo studio del nuovo manuale del perfetto contatore di carte, l’occasione di tornare al tavolo da gioco si palesa proprio durante una vacanza, quando lui, sua sorella, suo cognato e suo fratello sono tutti assieme al Lago Tahoe. Il fratello di Al, abile contatore di carte, è seduto un giorno ad un tavolo da gioco, tanto per ammazzare il tempo, mentre Francesco è alle sue spalle a discutere del più e del meno con suo cognato. Ad un certo punto nota, distrattamente, che il fratello punta a volte 1$ a volte 5$: sa contare e quando punta forte vince sempre. In questo momento si è creato il primo team, inconsapevole, per battere il banco. Al Francesco comincia a puntare 100$ ogni volta che il fratello ne punta 5$, sembra non seguire il gioco perché parla con suo cognato, ma in realtà lo osserva e sa che questa potrebbe essere la via giusta per essere riaccolto ai tavoli da gioco. Questo ambo al tavolo di blackjack è durato circa mezz’ora, una mezz’ora che ha spinto Al Francesco ad arruolare persone appassionate di blackjack. Nel 1971 la squadra è formata da 3 componenti più Al Francesco. I 4 avevano investito 2.000$ a testa per un totale di 8.000$. Dopo 45 minuti avevano vinto 8.000$ ed al momento di lasciare il tavolo, il manager del casinò di Las Vegas Stardust, invita Al a pranzo: era un modo per capire chi era. Infatti, il boss chiede ad Al il suo nome e lui si presenta come Frank Fisano, attivo nel settore immobiliare. E’ allo Stardust che prende avvio lo stile soprannominato “The Big Player” e l’idea di una squadra per battere il banco, e Al Francesco ne è il padre fondatore.

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L’incontro con Ken Uston

L’incontro fra Al Francesco e Ken Uston, come ogni storia d’amicizia che si rispetti, avviene tramite una donna in comune, che inevitabilmente preferisce l’uomo più affascinate, ricco e di talento. La loro collaborazione comincia quasi per caso: Ken Uston dopo esser stato istruito da Al Francesco sostituisce uno dei membri del team di Francesco, che era stato scoperto a rubare alla squadra. Durante la permanenza di Ken Uston, il sistema di conteggio e di giocata si fa sempre più complesso con 20-22 giocatori organizzati in 3 squadre distribuiti in 3 casinò distinti, ma nella medesima città. In questo modo ogni giorno i contatori potevano ruotare, mentre il Big Player restava saldo nel casinò prescelto senza insospettire i manager deputati al controllo dei bari. Ma il sistema “The Big Player” messo a punto da Al Francesco arriva ad una sorta di capolinea nel 1977, quando Ken Uston pubblica un libro in cui svela passo a passo tutti i trucchi messi a punto dalle squadre di gioco: lo odiano tutti, tranne Al, che comunque continuerà ad incontrarlo e a giocarci al di fuori degli Stati Uniti, da Panama alle Bahamas.

Nonostante l’uscita di scena del team diretto da Al Francesco, sorgono negli anni 70/80 numerosi team di contatori, che sull’insegnamento di Al Francesco portano avanti la sua filosofia che ad oggi resta la più sicura ed efficace. Tra i team più famosi vi è quello di Hyland e del MIT Blackjack, così come i cosiddetti team dei Greci e dei Cechi. Da qualche tempo Al Francesco ha abbandonato il blackjack, ed alla domanda se mai tornerà ai tavoli risponde, con occhi lucidi e furbi, “Probabilmente no”. Ora si dedica solo alle corse dei cavalli ed a tutte le possibili combinazioni per vincere, d’altronde la matematica e l’analisi delle combinazioni è valida a qualsiasi gioco si giochi, no?

Non ha mai scritto libri, né pubblicato la sua storia: a differenza di tanti altri giocatori con la smania del denaro ha sempre creduto che l’importante per vincere è mantenere il segreto, perché svelarlo potrebbe significare la fine dei giochi. Nel 2002, la fondazione della Hall of Fame del Blackjack, da parte del Casino Barona di San Diego, è divenuta un miraggio per molti appassionati: non di certo per Al Francesco che è entrato di diritto in questa cerchia esclusiva, assieme ad altri 6 membri, ovvero Peter Griffin, Ken Uston, Arnold Snyder, Edward O. Thorp, Stanford Wong e Tommy Hyland, tutti nomi che assieme ad Al Francesco hanno contribuito a far conoscere la tecnica del conteggio delle carte sia attraverso le loro esperienze di vita, sia scrivendo libri dedicati al grande pubblico degli appassionati.

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